Per l’Italia del 2015 tante promesse e nuovi propositi, ma per quanto riguarda la disparità di genere a che punto stiamo? Qual è lo stato di salute dell’uguaglianza di genere in Italia confrontato con quello degli altri paesi del mondo?
Un buon modo per avere una misura del gender gap, cioè il divario tra il genere femminile e quello maschile all’interno società, è consultare il molto utile quanto sconosciuto Global Gender Gap
Report (GGGR).
Questo report, stilato ogni anno dal World Economic Forum, fornisce un quadro complessivo della disparità di genere nel mondo e ne segue i progressi. La logica è quella di fornire dati in base ai quali possano essere intraprese politiche con l’obiettivo di restringere il gap tra i generi. I criteri presi in considerazione dal GGGR sono partecipazione economica, livello d’istruzione, salute e speranza di vita, emancipazione politica.
Ai primi posti della classifica non potevamo che trovare i paesi leader in fatto di parità di genere – Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca – ma nella top ten figurano anche Nicaragua, Rwanda e Filippine, rispettivamente al 6°, 7° e 9° posto.
L’Italia invece si posiziona al 69° posto su 142 paesi, preceduta da Cile, Kirghizistan e Bangladesh e seguita da Macedonia e Brasile. La posizione non è delle migliori, ma risulta incrementata di ben 11 posizioni rispetto agli ultimi due anni: nel 2012 eravo 80° su 135 paesi, mentre nel 2013 detenevamo il 71° posto su 136 paesi.
Dunque, vediamo nello specifico la situazione italiana nell’anno appena trascorso rispetto ai criteri sopra indicati.
PARTECIPAZIONE ECONOMICA
Posizione: 114
Voto* (scala da 0 a 1): 0,574
A questo proposito, l’Organizzazione Internazione del Lavoro (ILO) – agenzia dell’ONU che si occupa di promuovere giustizia sociale e diritti umani nel mondo del lavoro a livello internazionale – ha effettuato uno studio sulla presenza femminile in posizioni manageriali. Negli ultimi 20 anni si è registrato un progressivo aumento per tutti i 108 paesi analizzati, ma sul podio per il numero più alto di donne manager salgono Giamaica (59,3%), Colombia (53,1%) e Saint Lucia (52.3%); l’Italia, invece, si colloca al 70° posto con il 25,8%. La posizione piuttosto arretrata nella quale ci troviamo dipende principalmente dalla discriminazione occupazionale e dalla conseguente femminilizzazione di specifici settori tipica dei paesi dell’Europa meridionale. Altro fattore rilevante è quello che viene definito “doppia presenza”, fenomeno che vede le donne doppiamente responsabili della sussistenza familiare: da una parte l’effettivo posto di lavoro remunerato, dall’altra il lavoro domestico o di cura non remunerato. Secondo il GGGR 2014 le donne dedicano in media 315 minuti al giorno ad attività lavorative non remunerate, contro 104 minuti degli uomini.
LIVELLO D’ISTRUZIONE
Posizione: 62
Voto* (scala da 0 a 1): 0.994
Per quanto riguarda il livello di istruzione, l’Italia nel 2014 ha peggiorato il suo posto in classifica di un paio di posizioni rispetto ai due anni precedenti. Nonostante ciò il GGGR rileva una percentuale di donne maggiore (53%) rispetto a quella degli uomini (47%) nei dottorati di ricerca (PhD).
SALUTE E SPERANZA DI VITA
Posizione: 70
Voto* (scala da 0 a 1): 0.974
In campo di salute l’Italia detiene il 70° posto a pari merito con Australia e Svizzera. Siamo preceduti da Irlanda e Cipro, e seguiti da Tanzania e Corea del Sud.
EMANCIPAZIONE POLITICA
Posizione: 37
Voto* (scala da 0 a 1): 0.248
Infine, per quanto concerne l’emancipazione politica, la posizione italiana è incrementata di 34 posizioni rispetto al 2012. Secondo l’ISTAT un parlamentare su tre è donna ed il numero di donne in posizioni politiche di rilievo è in continuo aumento, ma la rappresentanza femminile nei consigli regionali si aggira solo intorno al 15,1 % (ISTAT 2014).
Secondo il GGGR 2014, per quanto riguarda le opportunità e la partecipazione economica, c’è stato un restringimento globale del gender gap del 4% rispetto al 2006, anno in cui fu introdotto il rapporto. Ma nonostante i progressivi miglioramenti, il lavoro da fare è ancora molto per diminuire le disparità di genere. Ad esempio, è fondamentale superare nei paesi dell’Europa meridionale il modello Male Bread Winner**, ormai obsoleto e fortemente discriminante. Inoltre, è necessario che le istituzioni promuovano politiche volte a diffondere una cultura di genere in tutti gli ambiti sociali, secondo i principi e le strategie di Gender Mainstreaming. A livello locale, strumenti come il gender budgeting (bilancio di genere) o modelli lavorativi come il Diversity Management, sono facili da mettere in pratica, hanno costi limitati e dimostrata efficacia. Dunque Istituzioni, cosa state aspettando?
Note:
*Scala da 0 a 1 in cui 0= disuguaglianza, 1= uguaglianza.
** Modello familiare che prefigura l’uomo capofamiglia come unico responsabile del sostentamento
della famiglia mentre la donna si occupa del lavoro domestico e dei figli.
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