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Street harassment, molestie di strada, piropos: impariamo a chiamare le cose con il loro nome.

street harassment vignetta

Traduzione: – Essere una ragazza e divertente e tutto, ma devo assolutamente finire il mio libro – Hey bella! Le giro io le pagine del tuo libro! – Dannazione! – Non dovrei essere sexy ora… – Hey bella! Voglio spiumacciare il tuo piumino! – Ora voglio vedere se qualcuno mi infastidisce…. – Hey bella! Non hai caldo con quel costume?!

Chiamare le cose con il proprio nome è un modo per riconoscerle, definirle, dargli un senso e una collocazione. In Italia, nonostante la ricchezza e la versatilità del nostro linguaggio, non esistono termini per definire alcuni fenomeni che affliggono determinate categorie di persone, perciò vengono utilizzati vocaboli propri di altre lingue, come nel caso di “stalking” o “mobbing” (parole che dicono molto poco a chiunque non conosca la lingua inglese).

Esistono invece altri fatti e situazioni ai quali non viene neanche attribuito un nome, nonostante abbiano un notevole impatto sulla vita di molt* individu*. In particolare ci riferiamo ad un fenomeno molto diffuso che la maggior parte delle persone di sesso femminile, è quotidianamente costretta a subire: commenti sgradevoli, sguardi insistenti, occhiolini, fischi fino ad arrivare alle cosiddette “palpatine”.

La lingua inglese chiama questo fenomeno “street harassment” ovvero molestie di strada, quella francese “harcèlement de rue”, in quella spagnola e  quella portoghese – sotto la categoria delle molestie sessuali –  troviamo i “piropos”. Tuttavia, se in epoche passate questo termine significava principalmente galanteria, al giorno d’oggi il confine tra complimento e molestia è molto labile.

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Dunque, se tutte le lingue più parlate nel mondo hanno svariati vocaboli per definire questo fenomeno, perché una lingua dalle solide e ampie radici come quella italiana non contempla l’esistenza di questi termini?
L’espressione che più si avvicina a quelle sopra citate è  “molestia”, parola con un campo semantico così ampio che utilizzarla ha l’effetto di sminuire il fenomeno invece di attribuirgli importanza, poiché comparato con la gravità delle altre numerose tipologie di molestie sessuali. Infatti con  “street harassment” si fa’ riferimento alle molestie subite per strada, luogo in cui si è indifese e vulnerabili, alla mercé del sessismo più spietato.

Come collettivo femminista queer crediamo che ci sia una tendenza nel nostro paese a non nominare ciò di cui non si vuole ammettere l’esistenza, soprattutto per quanto riguarda la violenza di genere e le sue sottili sfumature. Come la psicologia ci insegna, quando si ha un problema è necessario prima individuarlo e identificarlo – chiamandolo con il proprio nome – per poi trovare possibili soluzioni. Per questo pensiamo che attribuire una terminologia precisa, adeguata e, soprattutto, familiare sia fondamentale per identificare e condannare piaghe sociali come le “molestie di strada”.

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